Si raggiunge facilmente imboccando una strada asfaltata che si trova sulla sinistra della perimetrale, seguendo le chiare indicazioni. Il nome Gadir deriva dall’arabo e significa conca d’acqua, anche se qualcuno ipotizza un’origine semitica che indicherebbe un luogo protetto. Gadìr è una contrada con un piccolo villaggio sul mare, costituito da caratteristiche abitazioni tipiche di un borgo marinaro, disposte a semicerchio attorno ad un suggestivo porticciolo, facile ormeggio per le piccole imbarcazioni. La Cala di Gadir è una località conosciuta ed apprezzata fin dall’antichità per la presenza di acque termali, circoscritte in vasche scavate nella roccia, in cui la temperatura varia dai 40 ai 55° C. Queste acque dolci contengono sali minerali di provata efficacia terapeutica, ideali per la cura di artrosi e reumatismi. Sulle pareti delle vasche nasce un’alga indicata per curare sinusiti, raffreddori e piccoli problemi alle vie respiratorie.
Furono i Fenicio-Punici i primi ad apprezzare gli effetti curativi di queste acque. Il sito di Gadir offre inoltre un interessante percorso archeologico subacqueo, poichè nelle acque antistanti il porticciolo si trovano due relitti: il primo, databile tra la fine del lll e la prima metà del II secolo a.C., probabilmente trasportava anfore puniche e greco-italiche; il secondo relitto,databile tra la fine del ll e gli inizi del I secolo a.C., trasportava anfore prodotte nell’area cartaginese insieme ad altre romane.
IMMERSIONE E ARCHEOLOGIA
Ambiente roccioso e sabbioso, profondità 10/30 metri, visibilità ottima, corrente debole, difficoltà facile, immersione da terra e dalla barca.
La colata di roccia forma vari canali dove si possono trovare nudibranchi, polpi, cernie e murene. Il porticciolo di Cala Gadir è stato per gli antichi marinai dell’isola un luogo dove potersi riparare dalle mareggiate e scaricare le proprie merci. A testimonianza dell’importanza che questo approdo ha avuto in tempi passati, sono i numerosissimi resti di anfore che giacciono a pochi metri di profondità, quasi all’interno dell’approdo. Si tratta di un contesto integro dell’originaria disposizione del carico di un relitto. Lo studio delle anfore recuperate ha permesso però di identificare la presenza di almeno due relitti databili tra il III e II secolo a.C.. ll percorso archeologico si sviluppa seguendo una colata di roccia vulcanica che termina a circa 30 mt di profondità, in una distesa di sabbia bianca.
E’ proprio in quest’ambito che viene realizzato il primo itinerario archeologico subacqueo di Pantelleria. Si tratta dell’installazione, da parte della Soprintendenza del Mare nell’ambito del progetto STARS, di un sistema di telecamere che rimanda le immagini sul web tramite il sito della Soprintendenza stessa. La visita oltre ad essere in diretta può essere anche interattiva poiché l’utente attraverso il sito può guidare le telecamere su un binario e mettere a fuoco particolari, azionando l’obiettivo. Le anfore, sono in maggior percentuale anfore puniche di varia tipologia, cosa che sottolinea l’importanza commerciale di Pantelleria nelle rotte cartaginesi del Mediterraneo antico. Il percorso inizia a circa 18 mt di profondità, i reperti presenti sono stati tutti etichettati con pratiche lavagnette grazie alle quali i sub possono apprendere la tipologia del reperto, il suo utilizzo e l’epoca di produzione. Tra i vari e splendidi reperti segnaliamo un bellissimo ceppo d’ancora in piombo di circa 3 quintali di peso, due bellissime anfore puniche, un tre quarti di anfora romana e due paramezzali appartenenti ad un antico relitto. Immersione obbligatoria per chi ha deciso di visitare i fondali dell`isola, uno splendido tuffo nel passato.